lunedì 3 giugno 2013

(4) Cassarmonica






a cura di Davide H. Trieste


Cattedrale nel deserto
La cassarmonica è una luminaria. E' utilizzata durante i riti religiosi per ospitare le filarmoniche, le quali eseguono arrangiamenti del repertorio sinfoniCo e del melodramma italiano.
Metafisica Locis
L'intervento prevede di collocare la struttura luminosa fuori dal contesto urbano, in spazi aperti e con ampi orizzonti.
Ho immaginato un luogo ideale ed estremo in modo che la sua installazione susciti una memoria dell'incanto. Un luogo mitico, sognate e di abbandono, dove lo spettatore sia tenuto a distanza,tenuto a bada, in modo che non ne attraversi lo spazio. Questa è una condizione ideale, ma necessaria, perchè è solo attraverso il silenzio del luogo, finalmente, che si può realizzare il distacco; restituendogli tutta l'emotività e il sentimento che le è propria: la sua metafisica.
Silenzio e solitudine
Non allieterà il suo palcoscenico nessuna filarmonica.
In contrappunto: silenzio, vento sonoro, ancora silenzio.
La Luce e il suo fantasma
La luce non sarà prodotta dalla consueta illuminazione che accompagna la nostra struttura; al contrario sarà una luce surreale proveniente da nessuna fonte certa. Avete in mente le madonnine fosforescenti? Quelle che di notte te le trovi sui comodini di alcune case delle persone anziane? Appaiono come fantasmini e che a stento ne riconosci i lineamenti. Pure anime di plastica fluorescente. Ve le ricordate le lucciole?
Poetica dell'assenza 
l'intervento è fondamentalmente una operazione di svuotamento, non ridondante, una operazione di "sbara/occamento". Qui si cerca di togliere piazze, città, musica, via anche lo spettatore.
Ho pensato a Orte di Otranto, il lago rosso, perchè quella terra ne restituisce la distanza, il suo spirito, l'effimenra architettura, il suo corpo, la sua fragilità.





mercoledì 16 marzo 2011

(3) ANIMA E CUORE

Jolanda Bianco



































Maggio 1988


1
Mi sono svegliata da poco [sono le ore 3 della notte] ho aperto gli occhi alla realtà delle cose. Brutta realtà. Fin’ora ho sognato, e meno male che non ho sognato cose cattive. Sogno sempre cose belle, sogno i miei bambini quando erano piccoli il bene che ho voluto a loro, i grandi sacrifici e le sopportazioni e tutta la mia gioventù l’ho sacrificata alla famiglia, e le calunnie? Dove le metto? Mi son trovata con un pugno di mosche nelle mani e mi hanno cacciata qui in Via delle Fogne una stradina da me mai frequentata e non conoscevo nessuna delle persone che abitano vicine. Credevo di trovare affetto e gentilezza, ma invece è stato tutto il contrario. Che delusione ho avuto. Sono tutte pazze e ignoranti……… e la plebe è sempre priva di sentimenti buoni specie adesso che sono piene di soldi e comandano loro non ho più fiducia di nessuno perché ho constatato quanta falsità vi è nei loro cuori.
Il sacerdote che viene qui ogni tanto a farmi la comunione mi dice: pazienza; ma io ne ho tanta, anche con lui che quando viene mi promette e non mi fa mai niente di concreto, ed è pur vero quel proverbio che ogni volta mi viene alla mente e cioè monache monaci e preti, errono di carità, di carità son privi, sotterrano i morti e spogliano i vivi io non gli dico più nulla e così prendo l’ostia e se ne va.
Ormai non credo più in niente e sono in attesa di quella che libera da ogni preoccupazione l’essere umano. Ho fatto sempre il mio dovere, ho la coscienza pulita, ho fatto tanto bene a tutte le ragazze che volevano sposarsi corredi ecc. e l’hanno dimenticato tutto passa e si scorda ma io non dimentico mai nulla.

2
Maggio se ne sta andando e con lui si porta via i profumi e i fiori perché fa ancora freddo e piove! Chissà perché la primavera non si sente ancora almeno io non la sento, anche lei è cambiata come la mia vita che è in disfacimento ma non è l’età che conta perché i miei organi sono sani, è la condizioni in cui vivo e la diversità di classe che devo subire e rassegnarmi.
Nel mese di Maggio nacque Corrado il mio primo figlio. Nel mese di Maggio si comunicarono i miei due ragazzi perché il secondo è nato dopo 4 anni e conservo ancora  i guantini bianchi e il nastro di seta bianca che si portava al braccio sinistro e quella notte ho vegliato presso di loro perché non permettevo che bevessero quante cure avevo per loro e quando dovevano andare a scuola ero io a svegliarli e così sempre fino a che non si sono sposati. E dopo? Non voglio prolungarmi oltre perché ci sarebbe tanto da dire.
Mio padre era in Prefettura era sempre vicino al Prefetto Sorge. Non so quale ruolo esercitasse, era alla Provincia e ne era il capo perché sotto alle sue dipendenze aveva tante personalità a Lecce. Parlo di Lecce perché è come se fossi nata e la ritengo come la mia seconda Patria. Era bella e nobile. Vi erano tante famiglie discendenti da nobiltà italiane. Mia madre stava sempre con queste famiglie perché era la presidente delle dame della Croce Rossa di Lecce e ricordo che io quando ero alle Marcelline [collegio] uscivo spesso con una suora per raccogliere fondi per i reduci e appuntavamo sul petto delle persone che ci offrivano denaro, una specie di medaglia.

3
prima della comunione. Sono molto religiosa e perciò non ho vissuto come una donna qualsiasi. Prima davvero erano fidanzati e li vedevi da lontano, oggi invece li chiamano così e invece sono amanti e magari si lasciano dopo anni di convivenza. Non mi prolungo su questo argomento se no ci sarebbe tanto da parlare, da commentare………..
Ricordo mio padre sempre impeccabile nel vestire, dai modi eleganti e quando andava a qualche serata si metteva in frac. Aveva lo sparato bianco con un gemello di brillanti ed altrettanti ai polsi, era alto asciutto e aveva i capelli ricci e castani, insomma, era un bell’uomo io avevo otto anni e volevo sempre seguirlo, ma lui non voleva mai era un latinista perfetto e parlava spesso in latino, era però un giocatore accanito, e una volta al circolo cittadino [sempre a Lecce] perdette 60.000 lire e a quel tempo se ne parlò molto io seguivo le discussioni che vi erano con mia madre che lo chiamava sempre mani bucate. Quando poi partiva io volevo andare con lui. Andava sempre per vendere qualcosa, era un latifondista e aveva tanta terra e quando decideva qualcosa la attuava sempre nel periodo delle vacanze e poi era amico del Prefetto. Mio padre era molto geloso di me e quando stavo vicino a lui era contento, ero ancora una piccola bimba.
Quella volta d’estate mi portò a Catania perché volle visitare i suoi cugini che erano in quel continente uno era un Console e aveva una bella villa e l’altro era un medico. Andammo dal Console che ci fece un’accoglienza principesca poi ci portò per la città. Andammo in Piazza Stesicoro, andammo poi alla Birreria Svizzera così si chiamavano allora, oggi non lo so cambiano tutte le cose da un giorno all’altro.


4
Questo Console aveva 4 figli maschi ed erano stati messi dal padre in uno dei primi collegi di Catania e quando vennero per le vacanze in tenuta da collegio io che ero la piccola [avevo allora 8 anni] mi fece senso nel vederli tutti e quattro con i cappelli piumati dei bersaglieri poi mi mandarono la fotografia erano tutti e quattro molto belli alti ricciuti e quasi biondi, l’ultimo che aveva quasi l’età mia si chiamava Mario e fece con me subito amicizia. L’altro cugino ne aveva tre dei maschi e quando andammo a trovarlo ci fece anche lui un’ottima accoglienza. Mio padre era pratico di quei luoghi ed era imparentato a Carcaci con certi Duchi di Carcaci quello che mi rimase più impresso è stato quando a Villa S. Giovanni aspettava una specie di Nave ed il treno entrò in quella Nave come fosse di casa e si chiamava ferrabot ora esiste? Poi dopo una settimana che stemmo a Catania, partimmo. A Catania conoscemmo tante famiglie tra le quali, la famiglia Gangi e il capo di essa ci accompagnò in carrozza fino alla stazione perché diceva a mio padre che mi volevano rapire, io non sapevo ancora il perché, lo seppi dopo, so soltanto che ero una bella bambina. Questo signor Gangi era una specie di factotum, non so se fosse la guardia del corpo di mio zio il Console. Con dispiacere ho lasciato Catania era una bella città ed ero entusiasta.
Si doveva andare a Napoli ma prima fermammo a Sessa Aurunca dove mio padre aveva una sorella sposata a Gennaro Frandutti allora sindaco di quella città. E’ inutile dire le accoglienze festose che ci fecero, avevano due figlie una si chiamava Elodia e l’altra Itala. Erano due belle ragazze e stavano all’università studiavano legge. Anche là stemmo una settimana. La sera io mi coricavo con loro in una grande stanza che faceva angolo e aveva due grandi finestre. La notte venivano giovani studenti a fare le serenate e le mie cugine si alzavano e stavano dietro le finestre a sentire suonare, io facevo finta di dormire…. ma vedevo tutto.

5
Poi durante la nostra permanenza che durò più di una settimana mi portarono a piedi a Roccamorfina dove avevano un’amica da poco sposata e stemmo due giorni, tra feste pranzi e cene copiose aveva una casa grande con due ingressi, ci volevano trattenere ma le cugine se ne vollero andare io ero considerata come una manna celeste e tutti mi volevano molto bene. Con grande rimpianto per i parenti partimmo alla volta di Napoli, dove avevamo una palazzina vicina alla rinascente a pochi metri da via Toledo, una delle principali strade di Napoli. Ricordo il nostro portiere, si chiamava don Michelangelo la moglie Olimpia e la figlia chiara, era fidanzata con con una guardia. La domenica veniva con l’uniforme a puntino e i guanti bianchi, si sedeva nello sgabuzzino e aspettava la fidanzata. Lui era un bel giovane ma lei era una racchia e aveva un viso brutto. Papà aveva una passione per il Teatro Lirico ed un giorno mi portò al S. carlo ad un diurno dove si davano La Cavalleria Rusticana ed i Pagliacci che mi piacquero tanto, poi un’altra sera mi condussi al teatro Bellini dove vidi La Traviata e piansi tanto perché fin da piccola ero una sentimentale e mi piacevano le cose serie. Il mio pensiero costante lo rivolgevo alla mia cara Bonnè mara che è stata con noi dieci anni e poi anche alle care suore Martelline che mi pensavano sempre mi mandavano tante cartoline.
Poi tornammo a Lecce e tornai alle care abitudini. Lecce era una bella cittadina e il Carnevale si svolgeva in piazza S. Oronzo dove ti offrivano i confetti buonissimi ed era un vero divertimento, allora a vevo sedici anni quando mi fidanzarono con Michele arditi di Castelvetere amico di mio padre dove al circolo cittadino si giocavano somme enormi come dalle 60 mila in poi….allora ….e dopo un anno di fidanzamento che io lo vedevo qualche volta il mio fidanzato ma non m’importava perché non sentivo proprio niente mi sposarono e i testimoni miei furono il dott. Macrì e Benedetto Croce ed altri. Cito i nomi di alcuni il Conte Mezza, io conoscevo le due sorelle ero amica e le volli al mio matrimonio. Mio padre non le poteva sopportare perché il fratello un ufficiale bello e gentile mi faceva una corte spietata senza esserne mai corrisposto anzi, alcuni mesi prima di sposarmi venne a casa mia per farmi gli auguri e non descrivo l’accoglienza che mio padre gli fece. Comunque  quando venne con le sorelle che erano anche signorine al mio matrimonio non disse nulla. Si stavano suonando alcuni dischi e così lui mise la romanza della Tosca….e lucean le stelle che mi rimase molto impressa. Poverino tutte le sue speranze ormai erano morte.


6
Partimmo per il viaggio di nozze, ed io trovandomi sola con un uomo molto più grande di me pensavo: cosa mi farà quest’uomo? Ma non successe nulla.
Come prima tappa ci fermammo a Roma, città che conoscevo perché mia madre voleva stabilirsi a Roma e prendemmo alloggio all’Hotel del Sole in Piazza del Pantheon. Vi era anche il ristorante avevo allora cinque anni ma mi ricordo tutto. Nel frattempo andammo a Fara Sabina dove vi era una sorella di mia madre con la famiglia in villeggiatura. Avevano una bella casa con le camere da letto sopra e le altre stanze sotto, si salivano pochi gradini per accedere alle stanze da letto e la mia camera dava su una stradina dove dirimpetto vi era un gran caseggiato con un portone dove vi era un teatrino di marionette e andavano i bambini così andai a vedere i pupi che si davano botte da orbi. Vi era la sagra a Fara ed io andai divertendomi. Di Roma mamma non ne parlò più perché mio padre non ne volle sapere, infatti Roma non mi è mai piaciuta e ne fui contenta.
Poi partimmo per Napoli città bellissima che io ho sempre amata. Dovevo accompagnare mia madre a fare i bagni caldi al Chiatamone ed io mentre l’aspettavo in una grande sala dove vi era qualche persona e non più, vi era un giovane brutto magro e con una giacca larga per cui l’avevo soprannominato giaccone. Stava seduto al pianoforte ed ogni giorno intratteneva le poche persone con le sue malinconiche suonate e poi cantava e mi ricordo che più di una volta ho sentito questa canzone “ e tu che faie? Sei allegra o malinconica e sti iuorni? Me pienze maie? Tuorni o nun tuorni?” Mi sono rimaste nella mente queste parole ed ho sempre davanti questo giovane sventurato che sapeva suonare e cantare bene. Ma che miseria che vi era allora, però era una miseria direi quasi tranquilla e felice.
Poi andammo ad Avellino dove mio padre voleva sistemarsi sempre in prefettura e dove vicino vi era il suo palazzo ed i suoi parenti ma non ci fu nulla da fare perché mia madre preferiva Lecce e così ce ne tornammo dopo poco tempo.
Dunque riprendo a parlare del mio matrimonio che dopo essere stati a roma, andammo a Bologna dai parenti di mia madre che erano grandi signori e abitavano in via Ugo Bassi. Ci fecero una grande festa visitammo le chiese e tanti monumenti e stemmo parecchi giorni ma mi sono rimasti impressi i portici poi andammo a Reggio Emilia anche lì vi erano i portici, era una bella cittadina anche Parma Modena e tante altre dove eravamo ospitati da parenti e dove ricevevamo grandi accoglienze. Poi prendemmo il treno [vagon lit] dove si mangiava in tavolini bene apparecchiati e dove i bicchieri tintinnavano quando il cameriere mesceva il vino. Il treno era un rapido Bologna Lecce, ed io ero ancora imbambolata per quello che avevo visto e così tornammo al paese e cioè a Casarano.


7
Il mio palazzo era in festa. Tutti i parenti i sacerdoti e le altre persone erano in nostra attesa. Le zie mi regalarono un velo nero molto lungo e ricamato e poi i brillanti e buste con i denari ebbi tanti regali di varie nature. Entrai così nel regno della vecchiaia i miei sensi dormivano sempre…….non vi era l’attrazione fisica tra me e mio marito che mi ha accompagnata fin’ora, però sentivo molto affetto per lui e durante i 55 anni che siamo stati insieme l’ho sempre circondato d’affetto e di cure.
Ma ciò nonostante ricordavo sempre quando mio padre mi portava con se durante le vacanze che duravano quanto voleva lui, andava dai suoi parenti, però si fermava a Napoli che a me piaceva tanto, anzi un giorno in via Toledo vidi in una carrozzella una signora molto grassa e brutta aveva un cappello largo con tante piume e domandai a mio padre chi fosse, mi rispose: la scrittrice Matilde Serao moglie di Scarfoglio direttore del Giorno e del Mattino che erano giornali molto quotati che citavano l’aristocrazia napoletana ed anche il mio matrimonio che avvenne molti anni dopo.
Poi fu invitato a visitare una grande nave che stava per lasciare Napoli da un suo parente il Marchese di Vallombrosa, era un bel giovane biondo che ci fece visitare tutta questa grande nave dai grandi saloni ed io ne rimasi estasiata, poi dopo qualche giorno mi vidi arrivare una bella cartolina consegnatami da mio padre e non riferisco la grinta che aveva e quando lessi quello scritto capii tutto, vi era scritto così: prima di salpare da questo lido dove lascio me stesso t’invio il mio saluto affettuoso, firmato: Carlo di Vallombrosa.
Poi ritornai a Napoli per le vacanze di Pasqua e andammo in via Toledo dove vi era una bella chiesa e dove per i sepolcri si faceva lo struscio non si vedeva che abiti neri e non vi erano rumori di nessun genere, solo il salmodiare delle signore vestite di seta nera e con il velo in testa. Napoli era una una città molto religiosa e quando scioglievano le campane e ti trovavi per la strada tutti si inginocchiavano facendosi il segno.

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Il mio palazzo era in festa era tutto illuminato e ci aspettavano parenti e amici.
Ora riprendo i ricordi di quando ero zitella. Mio padre volle andare a trovare i suoi parenti a Monteaperto in prov. di Avellino. Venne anche mia madre e stemmo tutta una estate vi erano i cugini uno era medico l’altro avvocato e l’altra signorina e ricordo che andava sempre con le mani aperte e si lavava spesso perché temeva le infezioni. Ci riunivamo spesso in una piccola piazza dove vi era un grosso albero co una panchetta di pietra che le circondava e quindi ci sedevamo tutti. Poi dopo l’uccisione del maiale che avveniva in Novembre ce ne tornavamo. Ancora ho davanti gli occhi quelle donne contadine [s’intende] che salavano le carni in una grande cantina che vi era nel palazzo e si appendeva le carni le salsicce e tante cose altre che io oggi non ricordo quante erano. Poi sposai colui che tenni circondandolo di cure per 55 anni, i testimoni scelti da mio padre erano Benedetto Croce e il dottor Magrì conservo ancora i giornali che parlano del mio matrimonio il Mattino e il Giorno che escono a Napoli.
Credo ancora tra gli episodi che mi raccontava mio marito mi parlò anche che quando era ragazzo esisteva un prete in casa e quando veniva in vacanza da padre Argento dove era studente doveva subire tante sofferenze da parte di questo prete che viveva in casa delle zie De Donatis dove lui crebbe. La sua mamma era la prima figlia che sposò Arditi di Presicce ed essendo il primo figlio lo partorì a casa dei genitori e vollero crescerlo a balia. Allora mio marito mi raccontava tra i vari discorsi che mi faceva mi diceva questo. Le zie zitelle e molto vecchie lo portavano ogni sera con loro nel palazzo dove abitava la nonna e mio marito andava sempre a fianco a loro e così ogni sera lo vedevano vicino. Ma una sera vicino al S. Natale non lo videro. Intanto il prete era morto lasciando tante ricchezze perché allora i sacerdoti erano ricchi di casa loro e dovevano avere un grosso patrimonio e siccome mio marito vedeva sempre appeso nella stanza d’ingresso una bella mantellina da prete nuova se la volle misurare gli andava lunga e rimase a casa per tagliarla a sua  misura.


9
La sera dopo uscì come sempre ma seguiva le zie a distanza per non farsi vedere dopo si accorsero del fatto e non vi dico quanto ne rimasero male perché erano molto affezionate a quella mantella nuova quando andavano in chiesa mio marito andava sull’organo dove trovava altri ragazzi più grandi lui aveva 11 anni e sotto l’organo si mettevano sempre degli uomini pelati e una volta un ragazzo sputò e colpì proprio un uomo che poi quando uscirono li aspettò e si mise a dare botte da orbo ma mio marito era andato dalle zie che lo aspettavano in chiesa.
Quando mio marito era a casa De Donatis dove era stato allevato lo chiamavano don Michele e la servitù Signorino. Mio padre invece lo chiamavano Eccellenza. Così un giorno [mi riferisco sempre a mio marito] che era davanti alla porta della dispensa dove vi era una grande stanza e piena di ogni bene e di tanta frutta scoprì il piccolo, Toti che era il Barone De Donatis stava davanti a questa porta che chiudevano sempre a chiave allora gli domandò che faresti se ti facessero entrare? Rispose il bambino: pappo e pappo! E queste parole mio marito le ricordava sempre e poi dopo tanti anni me le raccontò quando era in vena. Poi devo raccontare un’altra cosa che mi è rimasta impressa nella mente perché l’ho vissuta personalmente e fu quando i morti si portavano a spalla. La nostra camera da letto nel palazzo dove siamo stati per anni ad abitare dava sula strada e una mattina sentimmo un grade chiasso e allora io che ordinavo la mia stanza insieme alla cameriera vidi dietro le persiane una sassaiola che non avevo mai vista e che cosa era successo? Che passava un funerale di povera gente e dietro vi era un carro funebre con il cocchiere in livrea e cilindro, come si accorsero coloro che portavano il morto si ribellarono e allora a via di pietre lo fecero scappare. Le pietre si trovavano nella strada che allora era selciato.
Ora chiudo perché sono troppe le cose che dovrei scrivere e perciò non le racconto. Ho finito e sono tutto con Dio che non conosco ma continuo ad amarlo. Faccio una vita francescana e sempre sono tale perché l’ho scelta fin da quando sono entrato a fare parte dei vecchi e non avevo che 18 anni ed ora che gli occhi li ho aperti non aspetto che la morte.

(2) ANIMA E CUORE

Giovanni Paolo Toma